01 febbraio 2016

il mito di Psiche

"Viveva anticamente in Grecia un re che aveva tre figliole, di cui la minore, Psiche, era bellissima. Quando passava per le strade, tutti la ammiravano, spargevano fiori sulla sua via e la sua avvenenza oscuro’ quella di Venere stessa.

Quando venne il tempo di maritarla, il re ricevette uno strano comando: una voce misteriosa gli impose di condurre Psiche sull’alto d’una montagna deserta e lasciarvela sola.

“Ohime’!” esclamava il popolo, “la nostra bella Psiche sara’ sacrificata”: cosi’ doveva accadere. La fama della sua mirabile bellezza era arrivata fino all’Olimpo, la dimora degli dei, e Venere, dea della bellezza, saputo che si diceva essere Psiche piu’ bella di lei, ando’ in furia e comando’ a Cupido, suo figlio, che era il dio dell’amore, di maritare Psiche al piu’ brutto essere che vi fosse sulla terra. Ma quando Cupido vide Psiche s’innamoro’ di lei e lascio’ che gli araldi del sovrano portassero la giovinetta sulla cima della montagna; vennero allora gli Spiriti del Vento e trasportarono Psiche in un palazzo incantato. Quivi, ella fu servita da spiriti invisibili, che le fornivano cibi squisiti, vesti bellissime, intonando musiche deliziose. Nella notte, poi, venne qualcuno presso di lei: uno spirito che Psiche non vedeva, ma che ella indovino’ subito giovane, bello e buono; cosi’ fini’ col volergli bene, e con l’accettare d’essere sua moglie. Ma tutto questo accadeva al buio, perche’ con l’apparir della luce il suo corteggiatore spariva; egli le aveva detto, fin dalla prima notte: “Psiche, questo palazzo e tuo, tu qui’ sei libera e padrona. Una sola cosa ti chiedo: che tu non cerchi mai di vedermi in viso”, e Psiche, ogni mattina, restava sola e triste. Un giorno gli Spiriti del Vento le condussero in visita le sue sorelle; queste, naturalmente, fecero un gran chiacchierare, e le raccontarono a lungo tutte le ciarle del paese. “ Sai che si dice di te? Che, per comando di Venere, Cupido ti ha maritata ad un mostro! Ecco che cos’e’ tuo marito!” aggiungevano, “ecco perche’ non si lascia vedere in viso!” Quelle pettegole, certamente ispirate da Venere, partirono lasciando Psiche pensierosa e inquieta.

Una notte, mentre il suo sposo le riposava accanto, ella non seppe resistere alla tentazione: accese una lampada e lo guardo’. Era Cupido, il suo sposo! Era il bellissimo, alato giovinetto, figlio di Venere e dio dell’amore! Nella gioia, Psiche agito’ troppo la lampada, ed una goccia d’olio caldo, cadendo sulla spalla di Cupido, lo ridesto’. “Ah, Psiche, Psiche!” esclamo’ “ora dobbiamo separarci! Mia madre non vorra’ mai perdonarci, poiche’ ella mi aveva comandato di maritarti a un mostro! Addio, Psiche!” E, spiegando le ali risplendenti, volo’ via.

La mattina dopo, la povera Psiche, pentita e desolata, incomincio’ il suo pellegrinaggio; voleva a tutti i costi ritrovare Cupido. Vago’, vago’ per tutto il mondo; arrivo al palazzo di Venere, e vi si fece accettare come serva, nella speranza di rivedere il suo sposo. Ma Venere la riconobbe, e oltremodo adirata, le dette incarichi sempre piu’ difficili, pericolosi, terribili, per farla morire.

Psiche era cosi’ bella e umile che tutti cercavano di aiutarla in mille modi. Allora Venere penso’ ad un tranello. “Porta questo scrigno alla Regina dei Morti” le disse “e chiedile di riempirtelo con l’unguento della bellezza”. Questo compito parve a Psiche una ferale sentenza: nessuno tornava dal Regno dei Morti; disperata, ella sali’ sull’alto d’una torre, per buttarsi giu’. Ma perfino le pietre ebbero pieta’ di lei, e parlarono: “Non ti disperare. Al Tartaro e’ l’entrata del Regno dei Morti. Va’ senza timore portando in bocca due monete, e in mano due focacce di miele.”

Psiche ando’ e, quando fu sull’entrata del Regno dei Morti, trovo’ un barcaiolo, Caronte, che la traghetto’ sul fiume Acheronte, prendendo in pagamento una delle monete. Un orribile mastino a tre teste, Cerbero, le s’avvento’; ma ella lo ammansi’ offrendogli una delle due focacce, e pote’ passare. Allorche’ la Regina dei Morti le ebbe riempito lo scrigno, Psiche con l’altra focaccia e l’altra moneta pote’ facilmente ritornare.

Quando si trovo’ fuori, all’aria libera, la curiosita’ di vedere il contenuto del piccolo cofano la vinse. Questo appunto desiderava Venere. Lo scrigno era pieno di un velenoso vapore; Psiche, sopraffatta dalle terribili esalazioni, cadde morente.

Ma Cupido non aveva mai cessato di vegliarla nelle sue tribolazioni: volo’ su di lei, le agito’ le ali sul viso, fece svanire il veleno infernale, e le ridono’ la vita. Poi, prendendola tra le braccia, riprese il volo e la porto’ nel paese degli Immortali, e qui’, ancora, essi vivono in una gioia che non ha fine."

Il mito di Psiche, uno dei piu’ profondi e soavi dell’antichita’, mentre personifica nella tenera amica di Eros (Cupido), l’Anima in preda ai tormenti e alle gioie dell'Amore, esprime altre verita’ non meno universali. Venere, la dea della bellezza ,diventa gelosa e spietata, perche’ teme e sa di soccombere, al confronto del fascino di Psiche, che, come indica il suo nome, non e’ esteriore, ma viene dall’interno. Un fascino, talmente forte, da imbrigliare lo stesso dio dell’Amore: un essere sempre giovane, perche’ esiste ed unisce al di la’ del tempo. Ma, a volte, gli altri, l’invidia, le dicerie, la mancata fiducia, possono portare a dubitare e indagare sull’amante, fino a farlo allontanare. Quando cio’ avviene, il dolore e’ cosi’ grande da indurci a fare qualunque cosa, e andare in ogni dove, pur di riavere colui che si ama. Se, per curiosita’, nel cammino ci facciamo prendere dai vapori della bellezza solo esteriore, potremo rimanerne soffocati fino a sentirci morire. Ma quando qualcuno ci ama veramente, il suo Amore ritorna sempre vivo, ed e’ capace di allontanare quei vapori , poiche’ altro non sono, e dopo questa esperienza, sollevarci fino a una felicita’ divenuta immortale.
scritto tratto dal sito:
http://www.dietroivelideltempio.com

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